La pandemia da coronavirus ci ha costretti a vivere una socialità “filtrata”.
Un primo esempio di filtro già in voga da anni, ma mai utilizzato come in questo periodo storico, è rappresentato dai social networks, che permettono di mantenere, più dei telefonini, relazioni umane altrimenti quasi inesistenti dal vivo.


Nelle rare occasioni di socialità per spese necessarie o lavoro, sono sottoposte a filtri anche le principali vie di contagio del virus, ovvero bocca e mani, protette da mascherine e guanti in lattice.

Le foto qui presenti focalizzano l’attenzione sulle mani, sulle diverse forme che possono generare e in particolare su delle sensazioni di cui siamo stati costretti a privarci da quasi due mesi: abbracciare e porgere le mani per dare o per ricevere.

Tuttavia, alla privazione come prima chiave di lettura, fa da contraltare una visione decisamente positiva: i guanti filtrano ma non possono limitare l’espressività delle mani, ma solo adattarsi alle loro straordinarie forme.
Le mani strette nascondono la pazienza e la speranza di nuovi abbracci.
Le mani larghe danno e ricevono, ovvero contribuiscono ed accolgono il cambiamento.

Testo di Luca Tedeschi